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Quando la Lingua si riprende i suoi spazi

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Esiste un linguaggio artificiale, costruito a tavolino, imposto e presentato da più parti come uno strumento capace di arginare la perdita della Lingua Sarda, che vive e resiste soprattutto nell'oralità, creando una forma di scrittura nella quale si mescolano le numerose varianti della lingua parlata (partendo dalla base del Logudorese) e si da vita ad una forma standardizzata creata per la trascrizione di documenti ufficiali: si tratta de Sa Limba Sarda Comuna (LSC).

Entrata in vigore con Delibera approvata dalla Regione Sardegna nel 2006, questa particolare forma di scrittura è la lingua ufficiale utilizzata per gli atti e i documenti della Regione Autonoma della Sardegna.
Come si può facilmente intuire, attorno alla questione de Sa Limba Comuna si è aperto un un acceso dibattito.

Qualche giorno fa a Bolotana si è tenuto l'interessante e partecipato incontro organizzato per presentare il libro “Sa Trilogia de sos Crobinos”, traduzione della famosa opera letteraria della scrittrice Agota Kristof realizzata dall'appassionato conoscitore di lingua e cultura sarda Antonio Are.

Di fronte ad una platea curiosa ed interessata, i relatori hanno all'unisono riconosciuto ad Antonio la riuscita di un'operazione per niente facile: quella di aver superato la sfida di utilizzare la Lingua Sarda per tradurre la Grande Letteratura.

Antonio è riuscito, con il suo lavoro, a ritrovare lo spirito originario dell'opera – ha argomentato  Giancarlo Porcu, Editor de Il Maestrale – ed è come se avesse riportato A. Kristof a casa”.

Bortare da-e un'attera limba cheret narrer torrare a iscrier su contu, isterrìndelu in sos sonos, sos colores e s'andanta de sa cultura tua” scrive Antonio Are nella sua prefazione, ed è esattamente l'obiettivo, per nulla scontato, che nella sua opera è stato pienamente raggiunto.

Tanto che i racconti della scrittrice ungherese naturalizzata svizzera sembrano veramente “contos de foghile” e non ci si annoia affatto leggendoli perché, come ha detto il Professor Deplano nel suo intervento rigorosamente in Sardo, le parole sono limpide e dirette e non lasciano spazio alla divagazione inutile.

Un tratto stilistico particolare quello di Agota Kristof, conservato magnificamente intatto nella traduzione, che il poeta Alberto Masala dice essere legato al ritmo della pressa della fabbrica dove la scrittrice lavorava: frase breve - pressa – frase breve.

Tutto perfetto dunque: una grande opera letteraria e una traduzione che non tradisce l'originale.

Ci sarà stato qualche inconveniente nella pubblicazione?

Vi stupirà sapere che il libro in questione è stato ultimato nell'Aprile del 2007 ma la sua pubblicazione, riuscita solo nel 2014 grazie all'Associazione Passato Presente, ha incontrato non poche difficoltà.

Il problema? Proprio la Lingua Sarda.

Sembrerà assurdo, ma il fatto che la Lingua utilizzata per la traduzione sia il Logudorese, nello specifico il Bolotanese, e non Sa Limba Comuna di cui si parlava sopra, ha determinato lo stop di questo lavoro per ben 7 anni.

Racconta Antonio Are che gli si chiedeva insistentemente di adattare la traduzione allo standard della LSC.

Una richiesta rispedita sempre al mittente perché, dice Antonio, “la lingua che domino è quella che utilizzo nella realtà, è quella che ho assimilato sin da ragazzo, è quella di mia madre, con la quale comunico in ambito familiare e all'esterno. Insomma, è quella che sento e che mi appartiene”.

Un linguaggio vissuto dunque, proprietà immateriale dal valore incommensurabile, radicato nell'anima e portatore sano di cultura, di espressività, di particolarità, capace di parlare di noi e degli altri: non certo una merce di scambio nel mercato dell'omologazione e della semplificazione.

Dice Alberto Masala: “ quelli che usano sa Limba Comuna parene istroppiadoso , perché pensano in Italiano e poi traducono in sardo”.

Insomma, uno snaturamento del linguaggio e dell'essere, perché “la Lingua è identità e bisogna viverla!” chiosa il Professor Deplano.

Così, in uno spazio che è quello culturale, se vogliamo intellettuale, della presentazione di un'opera, la Lingua si riprende i suoi spazi, diventa la protagonista indiscussa, superando egregiamente la prova dell'impatto con il pubblico e ponendo all'attenzione di tutti la necessità e l'urgenza di non perdere l'essenza del nostro essere, ciascuno con la sua particolarità.

La lingua vive solo se la usiamo.

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