La guerra del latte, tra orgoglio e libertà di scelta e lo spettro dei blitz: nel Marghine assalto alle autobotti di Foi e Lacesa. A Silanus si prepara il blocco

Giulia Serra
09/02/2019
Attualità
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Corre veloce ed inesorabile, proprio come il latte scaricato a terra sulle strade e nelle piazze, genera fiumi in piena ma anche rivoli sparsi difficilmente controllabili. È la rabbia dell'ultimo grande settore produttivo autoctono della Sardegna, quello agro-pastorale, latente da anni ed esplosa improvvisamente generando un boato straziante che squarcia il velo spesso, e a tratti indecifrabile, che ha fino ad oggi protetto il disarticolato Mercato dell'oro bianco nell'Isola.

Ossatura economica portante della Sardegna, il comparto vive da anni uno squilibrio interno che, piuttosto che assottigliarsi, è andato accentuandosi sempre di più, dando vita ad una divisione netta tra “noi” e “loro”.

Da una parte i produttori, migliaia e migliaia di aziende che, resistendo agli andamenti sconnessi delle annate, immettono nel circuito gran parte del latte ovino prodotto in tutta Italia. Dall'altra gli industriali, coloro che trasformano quel latte nei derivati destinati ai banchi di vendita di mezzo mondo, prediligendo la lavorazione del Pecorino Romano, formaggio destinato in gran parte al mercato americano.

Squilibri sempre più marcati che hanno portato un intero settore su un punto di non ritorno e che sono la causa di quella che, col trascorrere delle ore, si configura sempre più come una vera e propria guerra: 50-60 i centesimi di euro riconosciuti ai pastori per ogni litro di latte versato ai trasformatori. Un crollo del prezzo vorticoso che ha segnato, in maniera veramente eclatante, una incompatibilità siderale con il costo di produzione della materia prima di cui la Sardegna è ricca.

Così quella ricchezza deprezzata e svilita, frutto di un lavoro duro e di una dignità modellata su un legame ancestrale con la propria terra, è oggi la spada impugnata contro le vessazioni di un intero sistema che scarnifica il prezzo fino a svuotare all'interno persino l'osso, mortifica il lavoro e immiserisce l'ultima grande classe lavoratrice di senso compiuto rimasta in un'Isola resa cieca e dipendente da mezzo secolo di politiche pseudo-industriali fallimentari.

Una spada affilata anche nell'impugnatura, che ferisce anzitutto chi la sfodera nel tentativo estremo di rimettere al centro di un ragionamento una questione che non è solo di parte o meramente personalistica, ma collettiva ed essenzialmente dirimente per il futuro di un popolo e di un'intera regione.

Quel latte versato a terra non è una dichiarazione di sconfitta e non è neanche un cedimento asservito o una resa incondizionata ad un sistema che calpesta la dignità del lavoro, ma l'esatto opposto: è l'affermazione della propria esistenza, della forza di un intero settore che produce beni primari, è la manifestazione plateale del proprio peso specifico dentro il quadro economico isolano, è un moto d'orgoglio di chi si ribella ad una condizione che ne mette in discussione la sua stessa esistenza.

È, quel latte, un simbolo incredibilmente potente e ciascuno, scaricando a terra il suo prodotto del giorno, ha scelto di ribellarsi ad una evidente ingiustizia e lo ha fatto in piena e consapevole libertà.

Altro è, invece ,ciò che è successo oggi (ed in una certa misura anche ieri sulla SS 131).

Il quadro, improvvisamente, si fa nebuloso e a venir meno è, con una sottrazione che non può essere irrilevante, proprio quella libertà di scelta che ha reso così impattante e condivisibile la rivolta dei pastori sardi.

Ci limiteremo a raccontare ciò che è accaduto nel nostro territorio di competenza, il Marghine.

Questa mattina, sulla strada 17 Bolotana-Ottana, in località Bardosu, l'autobotte della Lacesa, la cooperativa costituita dai pastori del territorio con sede a Bortigali, faceva il suo usuale giro per il ritiro del latte. All'improvviso, nel posteggio è comparso un gruppo di persone non della zona e non riconoscibili – più di una ventina parrebbe – ed è scattato il blitz: aperto il rubinetto dell'autobotte e disperso sulla strada il latte appena conferito dagli allevatori della zona.

Poco dopo, nell'area industriale di Tossilo, stessa scena: nel piazzale del caseificio Foi di Macomer, una autobotte rientrava nello stabilimento dopo aver effettuato il ritiro del latte ovino presso le aziende territoriali. Un gruppo di persone mascherate lo hanno fermato davanti ai cancelli e hanno tentato di scaricare a terra il contenuto della cisterna prima che potesse entrare in impianto per la lavorazione. Un assalto, questo, riuscito solo in parte perché i lavoratori dell'azienda si sono precipitati nel piazzale e sono riusciti ad evitare che l'intero contenuto della cisterna finisse miseramente a terra. I litri di latte dispersi sarebbero circa 800.

Un altro tentativo simile, andato però fallito, si sarebbe verificato anche a Birori, dove il camion fermato sarebbe però risultato vuoto.

Veri e propri blitz, programmati ed organizzati, che oltre a privare del carattere della libertà di scelta una battaglia sacrosanta, fanno emergere una contraddizione enorme: nel tentativo di estremizzare la lotta e di bloccare il settore della trasformazione per ottenere un risultato, si soprassiede su una valutazione di merito che vede una distinzione essenziale tra gli industriali, e quindi i privati che fanno profitto sul mancato riconoscimento del giusto prezzo del latte, e le Cooperative costituite dagli stessi pastori che lo producono, le quali, seppur legate ad un Mercato dominato dai privati, riequilibrano attraverso il saldo di fine annata il prezzo al litro che, attraverso il conguaglio, riesce dunque a raggiungere livelli più sostenibili che si avvicinano comunque al tanto agognato euro al litro.

Contraddizioni macroscopiche che rischiano di creare fratture nocive all'interno dello stesso mondo agro-pastorale, già per sua natura composito e decisamente intricato, ma anche di snaturare una battaglia che nasce con la forza della ragione e della giustizia.

Nel frattempo, le forme imprevedibili della rivolta in atto stanno portando alcune aziende di trasformazione a valutare la possibilità di sospendere momentaneamente il servizio del ritiro del latte nel territorio del Marghine e non è improbabile che domani vi sia un blocco delle attività.

Domattina invece, sulla strada provinciale 129 all'altezza del bivio di Silanus, è prevista per le 10.30 una mobilitazione degli allevatori locali.

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