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Solo 1 busta di latte su 4 contiene latte italiano: sit-in degli allevatori a Cagliari per le Etichette Trasparenti

a cura della Redazione
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Tutelare la salute dei consumatori, riconoscendo il giusto valore del lavoro degli allevatori.

E' la battaglia che sta portando avanti la Coldiretti, impegnata in questi giorni con decine di migliaia di allevatori in una grande mobilitazione in tutta Italia per sensibilizzare e informare l'opinione pubblica sul pericolo di perdere il vero made in Italy e contemporaneamente estinguere gli allevatori, riducendo in questo modo la “verità” e la sicurezza sulle tavole delle nostre famiglie e nei prodotti che diamo ai nostri bambini, oltre che i principali protagonisti della tutela del territorio.

Questo perché le principali industrie lattiero-caseari sostituiscono nei formaggi italiani il latte della Madre Patria con quello di provenienza sconosciuta, senza l’indicazione dell’origine in etichetta e senza trasparenza sugli ingredienti utilizzati. E utilizzano semilavorati di latte (cagliate, caseine e caseinati) di provenienza straniera, per produrre formaggi, yogurt e mozzarelle, spacciandoli per Made in Italy.

Solo 1 busta di latte UHT su 4, vendute in Italia, contiene latte italiano. E una mozzarella su 2 consumate in Italia è prodotta con cagliate straniere.

La mobilitazione della Coldiretti oggi si è estesa anche in Sardegna dove questa mattina una folta delegazione di allevatori ha voluto incontrare davanti alla Conad di via dei Valenziani a Cagliari i consumatori per sensibilizzarli con la distribuzione di formaggio e dei volantini informativi sul grande pericolo che stiamo correndo.

Stiamo chiedendo l'aiuto dei cittadini perchè questa politica industriale ci sta portando ad avere prodotti meno sicuri di cui non conosciamo la vera origine ed a perdere i nostri allevatori – avverte il presidente di Coldiretti Sardegna Battista Cualbu -. Dall'inizio della crisi in tutta Italia, hanno chiuso più di 3 stalle al giorno, l'equivalente di ben 32.000 posti di lavoro. Oltre il 60 per cento delle quali si trovava in montagna, con effetti irreversibili oltre che sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla qualità dei prodotti”.
 

E quelle che sono sopravvissute, circa 35mila – gli fa eco il direttore di Coldiretti Sardegna Luca Saba -, con il latte pagato meno di quanto costa produrlo, non possono continuare a lavorare in perdita a lungo. A rischio c’è un settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati nell’intera filiera”.
 

In Sardegna il settore bovino da latte conta oltre 50mila capi e 1.247 allevamenti. Il 33 per cento di questi, che alleva il 63% dei capi, comprende allevamenti specializzati, mentre il 67 per cento comprende numerose aziende di piccole e piccolissime dimensioni.

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma anche con l’indicazione delle loro caratteristiche specifiche a partire dai sottoprodotti - sostiene il presidente regionale della Coldiretti -. Non è un caso che l’89 % dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, secondo la consultazione pubblica online sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf) che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015. La parola formaggio – dice ancora Battista Cualbu - deve essere utilizzata solo per indicare ciò che nasce direttamente dal latte”.

Saremo ridondanti – dice Luca Saba – ma è fondamentale per difendere i nostri allevatori e agricoltori anche una forte azione politica per promuovere tutti i prodotti sardi di qualità nelle scuole e nelle mense pubbliche. Un'azione politica seria che va ad incidere direttamente oltre che sul fatturato, sulla salute dei cittadini, e dei nostri bambini e ragazzi in particolare che pranzano cinque giorni su sette a scuola, oltre che sull'ambiente con un risparmio di C02 importante”.

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