"Le notizie che riferiscono dell'intenzione del Governo Renzi di finanziare nuove linee di incenerimento in tutto il Paese, delle quali una verrebbe assegnata all'Isola, sono inquietanti e danno il senso preciso di quanto sia arretrato in Italia il ragionamento intorno al trattamento dei rifiuti solidi urbani.
Mentre nella parte più avanzata dell'Europa si svolta progressivamente verso una filosofia "rifiuti zero" e verso l'ulteriore potenziamento della differenziazione del rifiuto, del riuso, del riciclo e del recupero dei materiali, qui da noi si persegue autisticamente la scorciatoia dell'incenerimento, pratica obsoleta e da più parti certificata come dannosa per l'ambiente e la salute. Pratica che spreca materia e non elimina la questione delle discariche, poiché le ceneri residuate dalla lavorazione hanno bisogno di essere stoccate ed in ogni caso non potranno mai più essere utilizzate.
In Sardegna abbiamo già due impianti, obsoleti, potenzialmente dannosi che sono - come dimostra il caso di Tossilo - causa di enormi problemi sia sul piano ambientale che sotto il profilo della gestione economica.
L' enorme mole di risorse previste per i cosiddetti "revamping" e per la costruzione di nuovi impianti potrebbero essere meglio utilizzate, costruendo impianti al servizio della raccolta differenziata e del riciclo e riuso dei materiali. Impianti che inquinano meno, costano meno e - se adeguatamente supportati dalle giuste scelte politiche - generano molti più posti di lavoro, indotto e forniscono un servizio migliore alla cittadinanza.
Con l'interrogazione che alleghiamo, ricordando al governo la norma regionale che impedisce l'importazione in Sardegna di rifiuti prodotti in altre regioni e che su questo terreno è inaccettabile qualsiasi arretramento, chiediamo al governo di fermarsi e di orientare le medesime risorse verso scelte diverse, quali - appunto - quelle dei sistemi di riciclo, riuso e recupero dei materiali".
Al Ministro dell’Ambiente, al Ministro dello Sviluppo Economico
Per sapere, premesso che:
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il 29 luglio 2015, il Governo ha inviato una bozza di decreto ministeriale alle Regioni - attuativo del Decreto Legge 133/2014 (cd “Sblocca Italia”) - sulla realizzazione di nuovi impianti di incenerimento. Nello specifico la bozza prevedeva l’autorizzazione di 12 nuovi inceneritori in dieci diverse regioni: due in Toscana e Sicilia, uno in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo e Puglia;
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anche in seguito alla ferma opposizione da parte dei Presidenti di Regione interessati dal provvedimento, l’attuazione della bozza di decreto legislativo in oggetto non ha avuto seguito;
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a quanto si apprende da diversi organi di stampa (fra cui anche “Il Fatto Quotidiano” del 27 dicembre 2015) circolerebbe ad oggi una seconda bozza di decreto legislativo con la previsione della costruzione di nove (anziché dodici) nuovi inceneritori, questa volta distribuiti in Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna e due in Sicilia;
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diversi studi, fra cui quello epidemiologico Arpa sull’inceneritore di Vercelli, hanno dimostrato come fra la popolazione esposta agli impianti di incenerimento la mortalità aumenti del 20 % e la comparsa di tumori maligni del 60 %;
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per essere economicamente sostenibile, come espresso più volte da diversi esperti del settore, un inceneritore deve avere una durata ventennale, rischiando quindi seriamente di ingessare gli scenari incrementali di raccolta differenziata;
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la direttiva 2008/98/CE introduce, per quanto concerne il ciclo dei rifiuti, il cosiddetto “principio gerarchico delle 4R” (riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero energetico);
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attualmente le principali tipologie di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali esistenti in Sardegna sono le seguenti: impianti di incenerimento/coincenerimento; discariche; impianti di stoccaggio; impianti di recupero;
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la Regione Sardegna è dotata di un Piano di Gestione dei Rifiuti che ha assunto come linea-guida cardine della propria articolazione, la necessità di strutturare le raccolte dei rifiuti urbani in maniera tale da programmare e gestire con efficienza ed efficacia le successive operazioni di recupero, trattamento e smaltimento;
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suddetto Piano, in coerenza con i principi e i vincoli delle norme comunitarie, ha scelto di privilegiare sistemi di raccolta che responsabilizzino i cittadini e li rendano pienamente partecipi di una gestione dei rifiuti ambientalmente corretta. Viene sostituito definitivamente il concetto di raccolta indifferenziata con quello di una raccolta differenziata che garantisca la massima quantità e la migliore qualità dei materiali recuperabili dai rifiuti. Come elemento base, pertanto, va data priorità all’attivazione delle raccolte domiciliari, le uniche intrinsecamente in grado di indurre comportamenti virtuosi;
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nel corso degli anni la Regione Sardegna ha avuto un netto incremento nei risultati ottenuti dalla raccolta differenziata: nel 2013 una percentuale del 50,9 per cento, nel 2008 ha raggiunto il 34,7 %, confermando il trend positivo che dal 19,8% del 2006 era già passato al 27,9% nel 2007;
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tra gli obiettivi ambientali del Piano Regionale dei Rifiuti, si ha la riduzione della produzione di rifiuti e della loro pericolosità, l’implementazione delle raccolte differenziate, l’implementazione del recupero di materia, la valorizzazione energetica del non riciclabile, la riduzione del flusso di rifiuti indifferenziati allo smaltimento in discarica, e soprattutto la minimizzazione della presenza sul territorio regionale di impianti di termovalorizzazione e di discarica;
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il D.Lgs. n. 152/2006 incentra i suoi dettati sul rispetto della gerarchia comunitaria della gestione dei rifiuti, che impone di conseguire, nell’ordine: DELIBERAZIONE N. 28/13 DEL 9.6.2015 2/5 a) la prevenzione della produzione dei rifiuti; b) la preparazione per il riutilizzo; c) il riciclaggio; d) il recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) lo smaltimento;
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in Sardegna, oltre alcune discariche, sono presenti due impianti di incenerimento: quello di Macchiareddu, saturato dalla produzione dei rifiuti urbani delle Province di Cagliari, di Carbonia-Iglesias e di Villacidro-Sanluri, e quello di Tossilo, a servizio delle Province di Nuoro, dell'Ogliastra e in parte di Oristano. I rifiuti urbani non riciclabili prodotti nelle Province di Olbia-Tempio e di Sassari, benché trattati, vengono invece smaltiti in discarica;
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attualmente l'inceneritore di Tossilo, a servizio dei territori del centro nord Sardegna, gestito dalla “Tossilo S.p.a.” ed in cui conferiscono 52 comuni, presenta uno stato di crisi economica particolarmente acuta: Il bilancio consuntivo al 30 settembre scorso presentava infatti una perdita di circa 655 mila euro, con un ovvia previsione di perdita di esercizio ancora maggiore in chiusura di bilancio al 31 dicembre scorso, stimabile intorno a 800 mila euro;
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il disavanzo è dovuto in particolare alle condizioni dell’impianto di termovalorizzazione, ormai vecchio ed obsoleto, oltre che alla situazione della discarica di Monte Muradu, oramai prossima alla saturazione e fonte di un preoccupante impatto ambientale per l’intera area circostante. La “Tossilo Spa”, per mantenere l'equilibrio economico finanziario – oltre come unica soluzione possibile al fallimento e quindi alla perdita sia del servizio che di 38 posti di lavoro - dovrà innalzare le tariffe da 199 a 270 euro a tonnellata più Iva, con evidente ulteriore aggravio per i contribuenti;
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per mantenere l'attuale standard di sicurezza sulle emissioni risulta inoltre necessario fare investimenti che porterebbero la tariffa fino a una cifra stimata di circa 300 euro a tonnellata;
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il cosiddetto “revamping” dell’impianto costerebbe circa 49 milioni di euro ai bilanci pubblici, somma considerevole a fronte dei 11-20 milioni stimati per un investimento che potrebbe riguardare tecnologie ed impianti di lavorazione dei rifiuti differenziati (plastiche, etc.), tecnologie che implementerebbero il ciclo di lavorazione (riuso, riciclo) dei rifiuti, riconvertendolo rispetto alla pratica predominante dell’incenerimento;
Considerato che:
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la legge della Regione Sardegna n. 6 del 24 aprile 2001 all’articolo 6, comma 19 prevede che : “E' fatto divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale.:-
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se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non intendano render note le reali intenzioni del Governo;
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se i Ministri interrogati, dato anche quanto esposto in premessa, non ritengano di dover escludere la Sardegna dallo schema di decreto;
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se i Ministri interrogati non ritengano sia di maggiore utilità destinare le medesime risorse economiche alla realizzazione nell’Isola di impianti destinati al potenziamento del servizio della raccolta differenziata, del riuso e del riciclo dei rifiuti.