BOLOTANA. Che la Storia ci riguardi tutti da vicino, ci coinvolga e non lasci nessuno escluso è un fatto.
Da anni, la ricorrenza del Giorno della Memoria è l'occasione istituzionale per ricordare e riflettere su una delle pagine più oscene della storia recente.
Per una intera giornata, dall'eco settimanale, si susseguono cerimonie, dichiarazioni, testimonianze dirette, film e documentari che inondano le nostre vite e ci pongono dinnanzi ad accadimenti talmente obbrobriosi da apparire fuori dalla portata umana.
La persecuzioni razziali poste in essere dai regimi nazi-fascisti hanno segnato un punto di non ritorno nella storia dell'uomo, superando ampiamente l'idea di mostruosità immaginabile, manifestata in tutta la sua brutalità nell'organizzazione certosina e asettica di campi destinati allo sterminio di coloro i quali deturpavano il livello medio della razza autoproclamatasi superiore: le prostitute, i senza fissa dimora ( contraddistinti dal triangolo nero), gli immigrati e gli apolidi ( triangolo blu), i criminali comuni (triangolo verde), gli studiosi delle Sacre Scritture (triangolo viola), gli omosessuali (triangolo rosa), le popolazioni di origine Zingara, Rom e Sinti (triangolo marrone), i prigionieri politici (triangolo rosso) e gli Ebrei (stella gialla).
Un elenco impietoso, al quale aggiungere le persone affette da handicap, sulla cui pelle i campi di concentramento sono stati “sperimentati”.
Un elenco tristemente attuale che, a ben guardare, contempla tutte, o quasi, le categorie ancora oggi attaccate da più parti e alle quali neanche la nostra epoca, sempre più attraversata e pervasa da rigurgiti fascisti, è riuscita a riconoscere diritti e tutele.
Un giorno solo, forse, non è abbastanza per attivare una riflessione seria, realmente educativa, capace di creare una barriera invalicabile contro il periodico riemergere di sentimenti disumanizzanti e inaccettabili.
Per entrare nelle maglie della Storia, per comprenderne davvero i risvolti più sconvolgenti e per realizzare che tutti siamo sempre coinvolti, un buon metodo è quello di ricostruire e raccontare le storie di persone che possono esserci vicine, che possiamo aver conosciuto, come uno zio, un nonno, un vicino di casa, un concittadino.
Ed è quello che ha messo in pratica l'Amministrazione di Bolotana, che, con la collaborazione dell'Istituto per la Storia dell'Antifascismo e dell'Età Contemporanea nella Sardegna Centrale, ha organizzato nella giornata di ieri un incontro, non a caso molto partecipato, sulla figura del bolotanese Bachisio Altana, classe 1900, emigrato in Francia nel 1925 per cercare lavoro ma anche per sfuggire al Fascismo, deportato a Buchenwald il 17 Gennaio 1944.
Ciò che sappiamo di Altana lo dobbiamo ad una tesi di ricerca sui deportati del Goceano di Maria Antonietta Lai, studentessa di Illorai, che s'imbatte nel bolotanese ricostruendo la figura di Boninu, cittadino di Illorai emigrato ugualmente in Francia.
I due condivisero il carro bestiame che li portò in uno dei più importanti e vasti campi di concentramento nazisti in suolo tedesco.
Entrambi facevano probabilmente parte di un'associazione di fratellanza tra sardi, all'interno della quale si svolgevano anche attività politiche.
Altana viene indicato come un membro della resistenza contro i tedeschi ed era certamente "attenzionato" dalla Polizia.
Nella scheda segnaletica che lo riguarda viene descritto come un uomo dall'atteggiamento spudoratamente antifascista, e vi è traccia di un licenziamento subito perché sospettato di aver issato la bandiera rossa in una basilica.
Una storia ancora da scrivere la sua, ma di cui Marina Moncelsi, relatrice del convegno insieme a Aldo Borghesi, narra le tappe principali, invitando il pubblico, i cittadini, gli alunni e le insegnanti presenti in sala ad impegnarsi nella ricerca, per poter ricostruire la vita e l'attività di un uomo come tanti, che per sentire politico e tenacia non si è piegato ed arreso al nazi-fascismo, pagando con la deportazione nel lager la sua evidentemente irrinunciabile fede antifascista.
Bachisio Altana è stato liberato l'11 Aprile del 1945.
A margine del convegno, grazie ad pubblico interessato, si è potuto aggiungere qualche tassello ad una storia ancora frammentaria.
Tra l'altro è emerso che Altana non fu l'unico deportato bolotanese: un altro concittadino infatti, Raffaele Meloni, trascorse 2 anni nel campo di concentramento di Gelsenkirchen, dopo aver svolto il servizio militare e partecipato alla Campagna d'Albania.
Fu liberato nel 1945.
Pagine di Storia e di Vita ancora da scrivere, necessarie per rafforzare quelle fondamenta irrinunciabili per l'Europa di oggi e di domani, affinché quell'orrore indicibile non si ripeta mai più.
E forse un giorno solo per ricordare è davvero poco.