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Uscire dalla logica dell'appartamento: la Co-Abitazione per una società più solidale. A Macomer Johnny Dotti stimola alla sperimentazione

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MACOMER. Costruire, condividere, collaborare e connettere per rigenerare nuove forme di comunità, partendo da sperimentazioni che escano dalla logica urbanistica dell'appartamento e si proiettino dentro un percorso che guarda alla casa come spazio vitale di co-abitazione aperta alle persone.

Di questo si è parlato nell'interessante convegno organizzato dal Comune di Macomer in collaborazione con la Confcooperative Nuoro-Ogliastra, svoltosi nei giorni scorsi in città e con al centro del dibattito la tematica complessa, ma anche innovativa e stimolante, che rimette in primo piano le possibili forme del vivere urbano.

Ospitato non a caso nello spazio convegnistico all'interno del centro intermodale passeggeri di Macomer, l'incontro, coordinato dall'assessora ai servizi sociali Rossana Ledda, ha visto la partecipazione dell'urbanista Gianni Mura, del responsabile regionale dell'Oftal regionale e dell'associazione “Amici di Villa Chiara” di Olbia Salvatore Acca, del presidente di Confcooperative Nuoro Ogliastra Francesco Sanna e di Johnny Dotti, pedagogista, professore universitario e imprenditore sociale del bergamasco, promotore della «generatività sociale», argomento che ha illustrato ad un pubblico attento ed incuriosito uscendo dalle forme della relazione standard e ponendolo invece come analisi di un quotidiano vivere che riguarda ed interroga tutti e tutte.

«Siamo alla fine di un ciclo storico – ha detto il professor Dotti – che corrisponde alla fine dell'epoca dell'appartamento, che corrispondeva a sua volta all'immaginario del cittadino – consumatore. Per riparare ai danni dell'appartamento abbiamo fatto i servizi domiciliari a pagamento, ma ora quel processo è morto e il coabitare ritorna al centro del dibattito».

Ciò di cui parla è di una sorta di rivoluzione del concetto di abitare, alla base della quale devono esservi le persone e le comunità, in un processo che riattivi quella fiducia reciproca che si è persa nella “separazione” insita nel sistema dell'appartamento.

Per farlo, Joohnny Dotti indica le vecchie case e le strutture dismesse e abbandonate come i luoghi da recuperare in un percorso di riappropriazione basato su forme di condivisione capaci di innescare nuove dinamiche sociali.

Una sperimentazione che per essere attuata ha bisogno - come ogni rivoluzione - di avanguardie, che Dotti individua in due categorie: le religiose che, sottolinea, «sono in via d'estinzione e posseggono tanti patrimoni che dovranno affidare a qualcuno», e le famiglie con all'interno soggetti disabili.

«Bisogna iniziare a pensare come investire i risparmi privati – ha sottolineato - io dico: mettiamoci insieme, mettiamo il patrimonio per affrontare il dopo di noi dei ragazzi disabili, facendo un blocco economico libero dalle dinamiche istituzionali, attivando forme di con-divisione, non erogazioni di servizi specializzati per sfigati, perché tutto il sociale è andato in quella direzione, ma oggi occorre anzitutto recuperare la normalità».

Al centro del ragionamento c'è quello che il sindaco di Macomer Antonio Succu ha identificato con “trighinzu”, o anche “bighinadu”, ossia quella forma di organizzazione sociale basata sui rapporti di vicinato che, nella cultura sarda, hanno sempre avuto un ruolo fondamentale e che innescava, appunto, particolari dinamiche sociali e forme di solidarietà reciproca.

Il dibattito ha preso le mosse da una bozza di progetto presentata da Rossana Ledda, ideatrice e organizzatrice dell'incontro, che ha illustrato l'idea di una sperimentazione di coabitazione immaginata come un palazzo a tre piani e una vita condominiale caratterizzata da tre differenti categorie di residenti che si confrontano con la sfida del condividere alcuni spazi in comune, dando vita ad una sorta di microcosmo basato sull'interazione: gli anziani autosufficienti, le famiglie e i giovani provenienti da esperienze quali il servizio volontario europeo, il pendolarismo per ragioni di studio e i ragazzi inseriti nella rete Sprar.

Così anche Macomer ha aperto un varco dentro la complessità del tema urbanistico applicato al sociale, avviando un ragionamento che stimola l'immaginario e cerca forme di sperimentazione per riallacciare i fili di una società che, travolta da un'inarrestabile trend di invecchiamento della popolazione, deve affrontare e trovare soluzioni a fronte di una realtà nella quale la solitudine dell'individuo, e tutto ciò che ne consegue, è argomento non solo di bruciante attualità, ma anche di essenziale interesse collettivo.

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