Ho perso l'orientamento, da quando ho scoperto che l'esistenza e il peso nella società vengono misurati in metri quadri calpestabili sono andato in analisi.
La naturale repulsione verso le regole, accettate perché servono comunque a mettere in pratica quanto "costituzionalmente previsto", si è risvegliata.
La parità tra diritti e doveri raggiunta con anni di lotte fratricide fra il mio ego e il mio senso del dovere, ha ripreso a vacillare dopo l'ultimo abominio che nasconde nel suo acronimo, volutamente storpiato, l'arroganza e la fine di quello che dovrebbe essere uno Stato di diritto.
Si chiama TARSU, Tangente Autorizzata Riscattabile Senza Unguento...
Infame come solo le tasse ad capocchiam possono esserlo, si è aggiunta alla lunga schiera di oboli che il povero utente reo di possedere qualcosa, deve versare all'erario.
Eppure l'articolo 53 della Costituzione parla chiaro: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva e il sistema tributario è informato a criteri di progressività .
Come sia possibile che una casa, costruita o acquistata con un mutuo bancario restituito negli anni grazie ad una busta paga "tassata" alla fonte possa fare reddito, è ancora un mistero e ancora più misterioso rimane il calcolo delle varie tariffe applicate.
Cerchiamo di mettere un po' di ordine:
Rifacendoci al succitato articolo 53 resta sacrosanto il fatto che per mantenere i servizi essenziali lo stato, in base ai criteri sanciti appunto dalla Costituzione, applichi delle regole alquanto elementari, ovvero: ti prendo un tot di quello che guadagni e te lo restituisco in servizi.
Fin qui tutto bene, ho un reddito dichiarato e contribuisco affinché "Chiunque", compresi quelli che non lo hanno (o non lo dichiarano) possano istruirsi e curarsi piuttosto che viaggiare su una rete ferroviaria efficiente o sulle strade rese finalmente sicure.
I problemi iniziano quando la riscossione dei tributi è pensata con il chiaro intento di arraffare quanti più soldi possibile, scegliendo il parametro più consono per l'occasione, in questo caso il metro quadro.
Esiste un metodo molto più banale per ripartire i costi fra gli utenti ed è quello di dotare ognuno di un codice a barre da applicare sul sacchetto della spazzatura così, se non il peso, a fine anno si potrebbe avere comunque il numero dei sacchetti utilizzati da ogni nucleo familiare e magari scoprire che esistono persone che non producono plastica o umido ma che pagano comunque.
Si potrebbe evitare di far pagare la tassa se l'abitazione è chiusa, per assurdo posso anche possedere dieci case, ma se produco rifiuti in una va da se che non posso produrli sulle altre nove.
Le soluzioni logiche e congrue si trovano, ma ho il vago sospetto che sia più comodo e più facile avere un dividendo (il costo di smaltimento) e un divisore (i metri quadri disponibili) ed il gioco è presto fatto, con buona pace di chi continua ad insegnare ai propri figli il rispetto per l'ambiente e aspetta ancora di conoscere quanto grava sulle casse dell'amministrazione.