SASSARI. Sarà inaugurata questa sera alle ore 18.30 presso la Sala Duce di Palazzo Ducale a Sassari la mostra di scultura e videoarte di Genesio Pistidda “Senza Parole”, riflessione artistica sul tema del femminicidio.
La mostra sarà visitabile da oggi Venerdì 20 Giugno al 6 Luglio, dal Martedì al Venerdì dalle ore 10 alle 13 e nel pomeriggio dalle 16.30 alle 19.30.
Senza Parole è un percorso didattico – artistico.
L’installazione di “Senza Parole” vuole essere una chiave di lettura per chi cammina ed affronta il primo approccio con la tematica del femminicidio. Il disagio è vissuto, da persona a persona, da donna a donna, la cui forza viene espressa “senza” gesti personali, ma solo con impronte capaci di evocare quella unione d’intenti comuni. Il disagio è spiegato, da parole scritte e recitate, dove le interpreti agiscono nell’interesse di una comune relazione di vita vissuta o narrata da storie di replicata violenza. Senza Parole, vuole essere lo sguardo, il gesto e la voce femminile che attraversa il passato violento di uomini incapaci di amare una donna, si trasforma in comunicazione artistica, veloce, videodinamica positiva.
L’istallazione è composta da 300 sagome di scarpe di donna collocate a terra a forma di chiocciola,
determinano un’estensione a raggiera, costruendo un perimetro spaziale invalicabile e impercorribile ma solo espandibile. Il sentiero installativo - scultoreo è animato da un video tra immagini e parole di donne (scrittrici e poetesse) che recitando liberamente in spazi aperti, evocando il disagio e la voglia di vivere che appartengono loro.
Presentazione di Mariolina Cosseddu
Una spirale che si avvolge ritmicamente su se stessa e si avvita in un gorgo che pian piano si dirada e si orienta in mille infinite direzioni: così si offre alla vista l' installazione di Genesio PIstidda.
Formata da 300 sagome di scarpe dall'intensa cromia verde smeraldo, la composizione, evocando i simboli stessi della violenza sulle donne, ne capovolge il carattere doloroso per trasformarlo in un vasto e trascinante percorso di riscatto e speranza. Recuperati dagli scarti di una fabbrica, i modelli si danno come orme frementi che si incamminano silenziosamente. Ma la raggiera è luogo impercorribile nel suo stringente andamento, spazio inviolabile concesso solo alla presenza femminile, custode della propria intimità. Decise però, le donne qui celate, a cercare sentieri praticabili di umana convivenza. L'intento di Genesio Pistidda è dunque quello di superare la funzione denunciataria, implicita nel simbolismo della forma, per farsi riflessione più vasta e corale di un mondo in cui, azzerati brutalità e soprusi, possa prendere consistenza una
condizione di assoluta libertà e fiducia. A questo allude la poetica struttura, dinamica e armonica, che si anima di forza propria e si compenetra dei suoni e dei sussurri diffusi nello spazio colmo di sollecitazioni. Quei suoni provengono da voci di donne, da loro racconti e dalle loro storie che, come un'eco lontana, vibrano nell'aria saturando l'atmosfera.