OTTANA. C'è fermezza, orgoglio e soprattutto un obiettivo da raggiungere nel piazzale davanti  ai cancelli dello stabilimento di Ottana Energia, teatro, si spera provvisorio, del presidio permanente degli operai che fino all'anno scorso producevano il PET: ottenere delle risposte.
	A fare scattare la protesta l'inizio della cassa integrazione straordinaria, indigesto antipasto di un menù che non si preannuncia gradevole.
	Giovani e formati professionalmente, i lavoratori dell'ultimo residuo di produzione chimica nel centro Sardegna si trovano oggi ad affrontare un nemico privo di un corpo ma dalle armi devastanti: il silenzio.
Nessuno pare infatti in grado di dare una risposta agli interrogativi che da mesi i lavoratori pongono con sempre più insistenza: “esiste un piano industriale? Quali sono le intenzioni della società Clivati-Indorama? Perché a Ottana la produzione è stata interrotta mentre in altre zone si produce a pieno ritmo? Perché non si è ancora riusciti ad ottenere la convocazione di Indorama?”
	Domande plausibili e pertinenti, che entrano nel merito di una vicenda complicata difficile da sbrogliare e che chiamano in causa l'azienda, che appare sorda e sfuggente, e la politica, che continua a latitare imprudentemente, quasi come non avesse nessuna responsabilità.
	Una situazione di oscurità totale, difficile da definire, nella quale nessuno sembra volersi sbilanciare.
	Al mutismo aziendale non si contrappone certo la voce della politica, che evidentemente, di questi tempi, non passa volentieri da queste parti.
	A portare solidarietà ed esprimere vicinanza solo l'Amministrazione di Ottana ed il presidente della Provincia Costantino Tidu.
“Vogliamo delle risposte. Qualunque esse siano. Vogliamo sapere se la società ha deciso di abbandonare il sito di Ottana. Vogliamo sapere qual è il problema che ha portato al blocco di produzione: la carenza di infrastrutture? La crisi del mercato? I costi di produzione? O semplicemente non c'è più un interesse per questo impianto? Vogliamo sapere se la Regione ha convocato Indorama.”
	Ancora nessuna risposta da nessun fronte. Tutto tace, lasciando agli operai ampio spazio per le supposizioni e per i molti timori su un futuro sempre più incerto.
	“Ci arrivano segnali dall'azienda per niente tranquillizzanti – raccontano alcuni di loro – il delegato di Indorama è andato via qualche giorno fa portando via tutte le sue cose. Ma a noi continuano a non dire niente. Non ci dicono cosa sta succedendo e cosa è stato deciso. Ma noi non indietreggiamo, restiamo qui fino a quando non otteniamo delle risposte. Vogliamo sapere, è un nostro diritto. E non vogliamo rassicurazioni sugli ammortizzatori sociali, vogliamo lavorare.”
	Un silenzio paradossale, snervante ed incomprensibile, che fa dire ad un lavoratore “ci rispondano almeno per senso di umanità”.
	Un silenzio che prima o poi qualcuno dovrà comunque interrompere, quantomeno per il rispetto che si deve alla persona e alla dignità del lavoratore.
	Gli operai, intanto, davanti ai cancelli di una piana desolata, attendono e provano a sperare.  

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