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Antiterrorismo in azione a Macomer: cosa sappiamo dopo il blitz di questa mattina

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MACOMER. Un'operazione in grande stile quella andata in scena questa mattina in pieno Corso Umberto a Macomer, teatro inusuale del blitz antiterrorismo messo in atto della Polizia.

A finire in carcere è Amini Alhaj Ahmad, libanese - palestinese solo di origine - di 38 anni, residente da diversi anni a Macomer con la compagna e ben quattro figli.

Perché è scattato un arresto con modalità d'urgenza?

Secondo quanto trapelato fino ad ora - chiaramente l'inchiesta è ancora in corso e vi sono ragioni di riserbo - e quanto detto nel corso della conferenza stampa svoltasi nel pomeriggio a Roma, gli elementi a disposizione restituiscono un quadro tutt'altro che chiaro.

Anzitutto, non sono stati rinvenuti, o almeno non sono stati resi noti, elementi probanti nella abitazione in cui fino a questa mattina viveva l'uomo.

Neppure sui contatti che certificherebbero l'appartenenza all'Isis vi sarebbe un solido riscontro, e forse non a caso si parla di un “lupo solitario”, ad eccezione di alcune dichiarazioni rese da un cugino dell'arrestato dalle carceri del Libano e riferite alle autorità italiane da una informativa dei colleghi libanesi: secondo queste informazioni, Amini Alhaj Ahmad avrebbe supportato il cugino nella pianificazione di un attentato che prevedeva l'avvelenamento con la ricina di una cisterna d'acqua da cui si riforniva una caserma dell'esercito libanese. Non si capisce però se l'attentato libanese sia mai stato messo realmente in atto, se sia stato sventato o cos'altro.

Si è parlato nel corso di tutta la giornata di un ipotetico attentato diretto o al Comando della Brigata Sassari di stanza a Macomer o ad una rete idrica con l'utilizzo di pesticidi, non si sa se di Macomer o di un altro luogo in Sardegna o fuori dall'isola. Su queste ipotesi lavorano gli inquirenti, ma per ora i riscontri, almeno quelli resi noti alle agenzie stampa, appaiono ancora sfumati.

Pare invece che, dai rilievi informatici sul cellulare e sul pc del libanese, fossero emerse ricerche internet per l'acquisto di veleni e pesticidi e di siti di propaganda jihadista, oltre che la fascinazione per la figura di Al Baghdadi.

L'arresto sarebbe scattato perché, secondo gli investigatori, l'uomo, dopo aver prelevato 5.700 euro dal suo conto ed essersi messo alla ricerca del suo passaporto, era pronto ad entrare in azione.

L'accusa è quella di aver aderito all'Isis, e di aver progettato una modalità di attacco attraverso la ricina e l'antrace.

Le indagini proseguono e per capire se negli elementi raccolti fino ad oggi vi siano le prove di un'azione terroristica in programma occorrerà aspettare ancora. 

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