Ogni qualvolta viene proposto il tema dell’inquinamento ad Ottana e delle conseguenze ambientali, sanitarie ed economiche, si viene subito accusati di atteggiamento anti industriale, di ecologismo estremista, ma, soprattutto, viene riproposto il solito dilemma salute-lavoro.
Eppure se volessimo ripercorrere la storia industriale di Ottana e i suoi fallimenti, a partire dalla chiusura dell’Enichem per arrivare allo scandalo dei contratti d’area, nessuno oserebbe attribuire la responsabilità di questi disastri a coloro che oggi- denunciando l’incapacità di una classe politica e sindacale che in tutti questi anni ha affrontato i problemi in maniera servile e compromissoria- rivendicano un altro modello di sviluppo per questo territorio.
Pare che la storia non abbia insegnato niente. La storia di Ottana, purtroppo, più che di tanti no, è fatta di troppi sì. Sì a tutto. Sì a un’industria petrolchimica a Ottana che non ha mai dato garanzie neanche sotto l’aspetto economico, essendo collocata al centro dell’isola. Sì all’imbroglio dei contratti d’area e agli imprenditori che, agendo indisturbati, hanno rastrellato milioni, per poi sparire nel nulla.
Noi, come cittadini,pensiamo sia tempo di dire basta e voltare pagina.
Diciamo no all’ipocrisia di chi sostiene di essere a favore di uno sviluppo sostenibile e al contempo dice sì alla presenza di impianti industriali inquinanti.
Diciamo no a chi ritiene che l’intervento della magistratura a tutela dei diritti dei cittadini e per il ripristino della legalità, possa essere un ostacolo o meglio “determinare il blocco dell’attività a scapito dell’occupazione”.
Diciamo no a chi cerca di contrapporre strumentalmente i cittadini ai lavoratori.
Diciamo no al ricatto meschino che induce a scegliere tra la salute e il lavoro.
Crediamo che l’unica possibilità di sviluppo per il nostro territorio sia quella di promuovere e sviluppare le attività tradizionali, quelle legate al tessuto socio-economico locale, che sono state sinora in grado di dare una boccata di ossigeno a un territorio da sempre deficitario sotto l’aspetto della produzione e della ricchezza.
Diventa, quindi, una necessità riqualificare il territorio e magari impiegare i lavoratori nelle operazioni di bonifica e risanamento delle aree inquinate.
Solo così potremo in parte essere risarciti dei danni subiti a causa di chi, anziché difendere i diritti dei cittadini e dei lavoratori, ha salvaguardato per troppo tempo gli interessi e i profitti delle imprese.