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Intervista a Rossella Faa, la cantastorie delle Donne

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A margine della festa di San Bachisio a Bolotana, ho l'occasione di incontrare e fare due chiacchiere con Rossella Faa, artista poliedrica del panorama sardo: musicista e compositrice, insegna canto e vocalità espressiva, armonia e improvvisazione; ha collaborato con diverse compagnie  teatrali in qualità di autrice di testi e canzoni. Divulgatrice e studiosa della cultura sarda, porta in scena con talento e ironia spettacoli piacevoli e intelligenti.
Una narratrice del quotidiano capace di divertire ma anche di smuovere le coscienze, invitando alla riflessione sulla società e sulla vita tutta, con una predilezione gioiosa per la sfera femminile, punto d'osservazione privilegiato dal quale ripercorrere il passato, i tabù del presente e svoltare per il futuro. 

Rossella, partiamo dal tema del tuo ultimo spettacolo: la paura delle donne. Perché questa scelta?

Sighi Singin' si ricollega e prosegue il tema del mio spettacolo precedente, Baa-bà, nel quale parlavo delle donne, concentrando l'attenzione sulla figura della “zitella”, da sempre considerata “una sfigata”. Mi divertivo a cantare canzoni sui vari rituali per trovare il fidanzato. Oggi le cose sono un po' diverse, prima se una donna non aveva un uomo accanto era socialmente inadatta. Un'idea che resiste ancora, ma per fortuna le cose si evolvono. Per esempio non si usa più il termine “zitella”, ma “single”, e prima a quaranta anni si era vecchie, oggi non più!
Il mio interesse è quello di mettere l'accento sulla condizione femminile che, pian piano, si sta evolvendo, cercando di avere anche uno sguardo tenero sul mondo maschile, perché gli uomini, dopo la tempesta del femminismo, sono rimasti un po' sconcertati.
A me dispiace, perché dopo l'entusiasmo e lo “sbotto adolescenziale” del femminismo, poi ti rendi conto che l'uomo è un compagno di vita e di cammino. Cioè, sia chiaro, sono di un'altra razza rispetto a noi! Però siamo interfecondi, per cui diciamo che, se ci prendiamo per mano invece che combatterci, magari si riesce meglio.
Con quel primo lavoro volevo parlare della condizione femminile in maniera un po' più tenera, cercando di tenerla sul giocoso e di guardare alla sfera maschile in maniera più affettuosa, più accogliente, meno aggressiva.
Col secondo lavoro ho sentito la necessità di mettere l'accento sul tema della sporcizia del mondo sempre dal punto di vista femminile. Ho scelto di metterla in piazza in maniera ridicola, usando l'arma dell'ironia.

Ma il sindaco di Cagliari ti ha ascoltata, visto che il tuo richiamo è esplicito?

Gli ho regalato il disco, ma non lo ha neanche ascoltato! Forse non capisce il sardo! Parlando seriamente, sono rimasta un po' delusa, perché Cagliari è una città bellissima, ci vivo da 30 anni e ci sono molto affezionata. Ma è veramente una città “caddozza”. Puliscono solo le strade in cui passano i turisti. Penso sia importante fare un minimo di sensibilizzazione su questi temi. Certo,  parlo di topi, blatte e della pulizia, ma contemporaneamente parlo di altre cose: è l'attenzione a come va il mondo, l'attenzione ai rapporti umani e l'attenzione a come si fa la politica.

Infatti il tuo spettacolo necessita di un livello di attenzione elevato da parte del pubblico, perché contiene veramente molti temi. Quello per esempio del confronto con le culture altre, il modo in cui ci approcciamo al nuovo e al diverso. Ho avuto l'impressione che nell'eseguire la canzone “Nieddu”, che racconta di un bambino africano alle prese con la fame, ti emozionassi. Mi sbaglio?

Si, perché sono rimasta molto scossa dalla tragedia di Lampedusa. Una vicenda assurda...sono morte trecento persone...ed esiste ancora una legge come quella Bossi-Fini. Ci siamo dimenticati che in tempi non troppo lontani erano i nostri genitori ed i nostri nonni ad emigrare. Abbiamo trattato da razzisti i tedeschi perché sono stati veramente disgustosi nei confronti dei sardi che emigravano in cerca di lavoro negli anni 50' e 60'. E noi stiamo facendo la stessa cosa adesso. Identica.

Il tema della negazione dei diritti è vasto. Tu sei una donna impegnata su questo fronte: quest'anno hai fatto la madrina del Pride e hai spopolato su internet con un video molto bello,sul diritto all'indifferenza (http://www.youtube.com/watch?v=hxAWW8oldgY), cosa vuoi dirci a tal proposito?

Il video è stato ideato e diretto dai ragazzi del Pride. L'idea era la loro, però sono stata molto contenta di aver dato il mio contributo, perché gli omosessuali stanno combattendo una battaglia per avere dei  diritti che sono ovvi. Talmente ovvi che molta gente non sa che non li hanno.

Dici? Non pensi invece che ci sia una resistenza culturale?

No. Nel periodo della Queeresima, cioè i quaranta giorni precedenti il  Pride, sono state fatte una serie di attività. Il mio compito, tra gli altri, era quello di dire a tutti perché avevo aderito a questa manifestazione. Ho parlato con molte persone, di tutte le fasce d'età, spiegando loro per esempio che se in una coppia di omosessuali uno si ammala, l'altro non ha il diritto di assisterlo in ospedale, o che se uno muore, l'altro non ha il diritto all'eredità, perché l'unione non è riconosciuta dalla legge. Sono diritti ovvi, talmente ovvi che le persone comuni credono siano già contemplati. Così non è.
Ho avuto la sensazione di tornare indietro nel tempo, alle battaglie delle donne negli anni Settanta, perché anche allora si stava combattendo per diritti ovvi che non venivano riconosciuti.
Non capisco la paura nei confronti dei gay, sinceramente mi fanno molta più paura certi uomini. Chiedo: è normale che certi uomini maltrattino sistematicamente le proprie compagne? Questa è la normalità? La violenza in famiglia è ancora un tabù, non si vuole vedere ma è uno dei drammi dell'Italia moderna.

La Sardegna appare lontana da questa dimensione. Forse per una questione culturale non si riesce a far venir fuori queste tematiche, quasi non esistesse il problema...

No, la violenza familiare esiste e ce n'è moltissima. Ho conosciuto tantissime ragazze che sono state abusate da parenti strettissimi. E questi fatti verranno fuori, devono venir fuori. Conosco moltissime donne traumatizzate da padri che hanno picchiato le madri sistematicamente. E' necessario sollevare questi temi e fare una campagna di sensibilizzazione.
Io, per quanto mi riguarda, odio andare a parlare delle cose brutte, perché mi pare di trasmettere sentimenti altrettanto brutti. Così, piuttosto che parlare direttamente della violenza in famiglia, cerco di mettere l'accento su quanto è bello vivere in famiglia momenti di tenerezza e intimità,  sulla bellezza delle piccole cose. Ed è questo il mio invito ad abbandonare le forme di violenza.

Torniamo al tuo lavoro. Le storie che racconti appartengono veramente alla vita vissuta oppure è una finzione narrativa?

Sono storie assolutamente vere. Molte accadute a me in prima persona, altre a persone che conosco e altre ancora mi sono state raccontate. Alle volte prendo diverse storie, le unisco e ci faccio una canzone,oppure, al contrario, da una sola storia ne faccio più canzoni.

Ti occupi dei testi, ma anche della musica?

Faccio sia le musiche che i testi, poi passo il materiale grezzo ai musicisti, e loro tirano fuori quello che va in scena. Sono loro che elaborano tutto.

E l'aspetto teatrale invece? Tu nasci come musicista. Come sei arrivata ad unire le due arti?

La parte teatrale la curo io. Nel 1992 sono andata a Bologna a studiare jazz, e ho conosciuto dei teatranti, che facevano teatro di strada. Una ragazza in particolare, che faceva il clown, mi ha introdotto al teatro. Con lei ho iniziato a fare le prime sperimentazioni. Ed è lei che mi ha fatto conoscere la figura del cantastorie. Così ho iniziato a fare ricerche sui cantastorie africani, cinesi, medievali italiani. Così sono arrivata a questo lavoro.

Per concludere, hai un nuovo progetto in cantiere?

Si. Anzitutto accorperò i due spettacoli, Baa-bà e Sighi Singin', perché l'uno è il continuo dell'altro. Poi voglio scrivere qualcosa di nuovo. Mi piacerebbe affrontare il tema della condizione delle donne anziane e del sesso loro negato. Un vero e proprio tabù. Come si fa a negare il diritto all'amore?

Un argomento certamente interessante e inusuale. Attendiamo quindi che Rossella Faa lo sviluppi per presentarlo al più presto al suo pubblico.

 

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