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Smascherare il Novecento: Antonello Fresu porta in scena brandelli di esistenze e di storie dall'orrore delle guerre

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Macomer. Un percorso artistico che smuove anche le coscienze più assopite, che invita ad andare in profondità e togliere il velo alla narrazione standardizzata, per mettere in mostra l'indicibile tragedia umana di una intera generazione alle prese con le atrocità delle guerre del cosiddetto “secolo breve”: è Novecento, la mostra allestita a Macomer presso gli ex locali dell'Alas e curata da Antonello Fresu, visitabile fino al 31 maggio dal giovedì al domenica dalle 9.30 alle 13 e dalle 16 alle 20.

Un paesaggio inquietante quello ricostruito dall'artista, che smaschera coscientemente la rassicurante rappresentazione bellica come competizione sportiva patriottica per far emergere la brutalità disarmante di una immane tragedia collettiva dalle devastanti conseguenze fisiche e psicologiche.

Disillusione ed antieroismo emergono dalle rielaborazioni fotografiche eseguite attraverso la tecnica dalla “pop-up”, che porta in superficie, anche materialmente, le immagini di uomini dai volti coperti da improbabili ed inutili maschere antigas, elemento confortante quanto grottesco, e quelle di soldati perfettamente allineati in una ancor più improbabile e rassicurante trincea. E poi i ritratti, con una apparente ed ostentata tranquillità, dietro i quali si celano invece volti dilaniati, mostruose ed inaccettabili verità rimodellate da una sperimentale e attivissima chirurgia plastica, impegnata a ricostruire intere entità facciali smembrate e deformate come le anime di chi le vive.

Brandelli di esistenze e di storie, elementi residuali di un viaggio spaventoso dentro gli orrori reali dei conflitti.

E poi una installazione schietta e diretta, che pone sotto l'occhio del visitatore il doloroso tributo pagato dall'isola in termini di vite umane, con la lista dei nomi dei tredicimilaottocento sardi deceduti in guerra.

Attraversando la propaganda, impressa nei giornali, nelle riviste e persino nelle cartoline dell'epoca, spicca invece il ridicolo tentativo di dar corpo compiuto ad una narrazione eroica, che si palesa piuttosto come versione distorta di un'impresa arrugginita.

Nell'ultima sezione, come un pugno su uno stomaco già irrigidito, scorrono le immagini che rimandano il peso insostenibile delle vite svuotate di chi è tornato vivo solo nel corpo: sono “gli scemi di guerra”, uomini che non hanno avuto la forza di elaborare e digerire gli orrori, i massacri e le paure vissute sul fronte e che rimandano inconsapevolmente, attraverso i traumi, le nevrosi e le isterie, fotogrammi di una esasperata e cruda realtà.

Una scrivania alla quale sedersi, un libro aperto ed uno bianco nel quale trascrivere, fedelmente, integralmente ed in sequenza, i diversi paragrafi dell'originale “Un anno sull'altipiano”: è l'installazione Ri-trascrizioni, ultima tappa del percorso, il cui fine è la produzione di un'opera scritta a mano dai visitatori che, chiamati direttamente alla partecipazione, attraverso la pratica della scrittura riassaporano l'arte della manualità ma anche l'essenza profonda di ciò che ricopiano.

A fare da guide alla mostra di Antonello Fresu sono gli studenti della 3^ Grafica dell'Istituto Satta di Macomer che, attraverso un progetto di alternanza scuola-lavoro realizzato grazie alla collaborazione tra la scuola e l'Assessorato alla Cultura guidato da Tiziana Atzori avviato nell'ambito della Mostra Regionale del Libro, hanno a loro volta l'opportunità di essere protagonisti attivi di questo interessante e formativo percorso artistico.

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