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Sassari. Il settennato dell'attesa

Operazione Arcadia: dopo 7anni arriva il rinvio a giudizio

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Rilanciamo, in occasione dell'inizio del processo, un articolo pubblicato nel mese di Dicembre che ricostruisce la vicenda nota come Operazione Arcadia.

 SASSARI. Chi quella notte era a Sassari difficilmente non ricorda il rombo degli elicotteri sulla città, alle 5 del mattino di una giornata di inizio estate.
La Nazionale di calcio italiana si era appena conquistata la Coppa del Mondo nella finale di Berlino, e l'aria che tirava in città era quella dell'entusiasmo, e l'eco degli slogan dei tifosi percorreva ancora le strade del centro.
Correva l'anno 2006.
Un dispiegamento di forze dell'ordine da film americano scuote la quiete  dell'alba di un Martedì di Luglio: gli elicotteri bassi, insistenti e minacciosi, fanno pensare ad un assalto, a qualcosa di veramente grave e inquietante.
Al mattino si diffonde la notizia e all'ora di pranzo non c'è telegiornale nazionale che non riporti con enfasi e toni gloriosi la cronaca della vittoriosa battaglia dello Stato nella guerra intrapresa contro gli anarco insurrezionalisti di cui il Ministro Beppe Pisanu delinea da tempo le caratteristiche e che, a suo dire, sarebbero fortemente radicati in Sardegna.
Alle prime ore del mattino infatti un'imponente operazione ha portato all'arresto di dieci militanti dell'organizzazione politica  A Manca pro s'Indipendentzia, dopo ore di perquisizione nelle abitazioni di 54 persone, tutte iscritte nel registro degli indagati.
L'accusa è quella di far parte dei Nuclei Proletari per il Comunismo e Organizzazione Indipendentista Rivoluzionaria, le due sigle usate per rivendicare una serie di attentati avvenuti tra il 2002 e il 2006.
L'Operazione Arcadia sembra segnare un punto a favore dello Stato, riuscito finalmente ad individuare e fermare un pericoloso gruppo eversivo, incline agli attentati dinamitardi e in guerra contro lo Stato Italiano.
I mass media rilanciano la vittoria dei buoni sui cattivi, cercano particolari e storie accattivanti, arrivando a pubblicare notizie al limite della fantasia, come quella di fantomatici campi di addestramento in Nicaragua e Palestina nei quali alcuni degli arrestati sarebbero stati “ospitati”.
Tra le righe dei lunghi e numerosi articoli qualcuno inizia ad intravvedere qualche falla, di quelle che fanno tremare: non si parla mai di prove.
Nelle abitazioni sottoposte a perquisizione non è stato trovato nulla di probatorio. Si parla di libri, di volantini legati ad attività politica, ma non certo di armi o di esplosivo. Si parla molto di intercettazioni ambientali e telefoniche invece: conversazioni politiche, discussioni da bar o riguardanti la sfera personale.
La prima caduta arriva qualche mese dopo quell'11 Luglio.
Bruno Bellomonte, dirigente di A Manca, riesce a dimostrare di non essere la persona intercettata a Sassari e viene scarcerato. Verrà poi tratto in arresto nel 2009 e trascorrerà in carcere due anni e mezzo nell'ambito dell'inchiesta sulle nuove Br, dalla quale verrà assolto con formula piena dal Tribunale di Roma.
La carcerazione prosegue invece per gli altri ragazzi, alcuni dei quali potranno usufruire per questioni di salute degli arresti domiciliari.
Poi cala il sipario, passano i giorni, i mesi e, distrattamente, gli anni.
Scadono i termini per le carcerazioni preventive, i ragazzi tornano in libertà, col bollino del terrorista impresso sulla fronte. Il luogo per respingere le accuse e per accertare le verità è il Tribunale. Ma il processo non inizia.
La pericolosità degli imputati pare svanita e l'attenzione loro riservata pare scemata. Passano i mesi, e ancora passano gli anni. Ne passano quasi 7.
Di ieri la notizia della decisione del Gup Giuseppe Pintori di rinviare a giudizio 18 indagati per associazione sovversiva. La prima udienza è fissata per il 6 Giugno a Sassari.
Almeno in quella sede, ci si augura, dopo anni di “sospensione”, gli accusatori potranno presentare le prove e gli imputati, finalmente, avranno la possibilità di difendersi.

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