Area Industriale di Ottana. Nell'impianto di depurazione consortile di Ottana c'è qualche problema con le sostanze tossiche: nelle acque sotterranee del Depuratore gestito dal Consorzio Industriale della Provincia di Nuoro le analisi hanno riscontrato il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione per i parametri solfati, triclorometano, tricloroetilene e tetracloroetilene.
Piccolo dettaglio: i fatti non risalgono ad oggi, bensì al 2016, e il Gestore, nonostante siano trascorsi più di due anni, non ha provveduto a sanare la situazione che quindi, chiaramente, ancora persiste.
Andiamo per ordine, perché la vicenda potrebbe assumere i tratti dell'esempio emblematico di ciò che accade nell'area industriale di Ottana, dove di questi tempi in molti sembrerebbero disposti a richiamare alle proprie responsabilità gli inquinatori degli ultimi 40 anni e pochi invece ad analizzare ciò che ancora accade nel sito.
Iniziamo dall'ultima notizia in senso temporale: con una determinazione del 18 Luglio 2018 il Settore Ambiente della Provincia di Nuoro ha diffidato il Consorzio industriale provinciale di Nuoro al rispetto delle prescrizioni previste dall'AIA relativamente al Capitolo “SUOLO” nella gestione dell'impianto di depurazione consortile di Ottana.
I fatti contestati però, ossia la presenza di sostanze pericolose nelle acque del sottosuolo, sono gli stessi del Marzo del 2016 (il nostro sito se ne occupò anche allora), quando l'Arpas, dopo aver eseguito un controllo delle acque sotterranee della zona industriale, aveva comunicato alla Provincia il «persistere di una contaminazione da tricloroetilene». Come avevamo già raccontato ai tempi, si tratta di un prodotto sintetico che si presenta come un liquido non infiammabile e incolore, molto utilizzato fino agli anni Settanta dall'industria alimentare e poi caduto in disuso in quel settore per via della sua tossicità e cancerogenicità.
L'ente provinciale, a fronte della comunicazione Arpas, si era dunque attivato diffidando il gestore (ossia il Consorzio Industriale) a presentare entro 15 giorni il Piano di Caratterizzazione e disponendo l'avvio immediato delle indagini per verificare la situazione ambientale delle acque sotterranee nel piezometro PZ2, «anche al fine di attivare le necessarie misure di Messa In Sicurezza di Emergenza».
Avviate le indagini (siamo sempre nel 2016), gli esiti confermarono il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione per i parametri solfati, triclorometano, tricloroetilene e tetracloroetilene.
Confermata dunque la presenza non di una ma di più sostanze inquinanti nelle acque: cosa sarà successo dopo?
Qua viene il bello e per ricostruirlo basta leggere l'ultima Diffida emessa 10 giorni fa dall'ente provinciale: il 29 Aprile del 2016 il Consorzio Industriale comunica alla Provincia che “la società incaricata stava eseguendo degli approfondimenti finalizzati a porre in essere un intervento di MISE (messa in sicurezza di emergenza) ad hoc per la natura e comportamento degli inquinanti; inoltre, in via cautelativa – informa il Consorzio - il PZ2 sarebbe stato segnalato con apposita cartellonistica di pericolo e a tutti gli addetti ed operatori sarebbero state imposte le opportune dotazioni di sicurezza”.
Passa un mese e la Provincia sollecita il Consorzio: vuole sapere se ha provveduto tempestivamente ad attuare “gli interventi di Messa In Sicurezza di Emergenza per rimuovere o isolare le fonti anche secondarie di contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare pericoli immediati verso l'uomo e l'ambiente circostante”.
Quello stesso giorno però il Consorzio fa sapere di avere “difficoltà economiche per procedere alla messa in sicurezza e all'eventuale bonifica dell'area” e comunica di aver inoltrato richiesta di un apposito finanziamento alla Regione Sardegna.
L'Arpas, il 1° Giugno 2016, interviene relativamente alla richiesta di MISE e, verificata l'assenza di pozzi autorizzati nell'area circostante il depuratore consortile (oltre 2 km), ha ritenuto non efficace un'attività di Pump & Treat sul PZ2 (si tratta di una tecnica di bonifica del suolo che consiste nel pompaggio e trattamento in superficie delle acque di falda inquinate) e ha considerato, al momento, la recinzione e il non uso dell'acqua del piezometro una misura di sicurezza sufficiente.
Il 16 di Giugno il Consorzio trasmette il Piano di Caratterizzazione ma, solo due mesi dopo, c'è un piccolo colpo di scena: la società incaricata della redazione del Piano di Caratterizzazione, comunica che “allo stato attuale delle conoscenze non si dispone di un modello concettuale idoneo per programmare un intervento di MISE e ha confermato che l'area circostante il piezometro era stata transennata e dotata di apposita cartellonistica di pericolo”.
Trascorrono altri 2 mesi (Ottobre 2016) e l'Arpas comunica alla Provincia che le misure prese (che dovrebbero essere il transennamento e il cartello di pericolo affisso) sono misure di prevenzione.
Passano altri 2 mesi (Dicembre 2016) e in una apposita conferenza di servizi si approva finalmente il Piano di Caratterizzazione e si dispone l'immediato avvio delle indagini.
Sembrerebbe essere il passaggio cruciale ed invece … neanche per idea.
Si va al 2017: nel mese di Febbraio la Provincia chiede conto al Consorzio dello stato di avanzamento delle indagini ambientali. Quest'ultimo risponde il mese successivo informando l'ente di aver predisposto idonea procedura d'appalto per individuare il soggetto a cui affidare l'incarico e che, salvo imprevisti, le attività avrebbero avuto inizio nel mese di maggio.
È già trascorso un anno dalla prima diffida ma, si sa, la fretta è una cattiva consigliera: ed infatti non è questo il caso, visto che, incredibilmente, non solo non si iniziano le attività nel Maggio del 2017, ma si salta addirittura di un anno e ci si ritrova all'improvviso nel mese di Luglio del 2018, quando, sempre dopo sollecitazione della Provincia, il Consorzio comunica con naturalezza “di aver individuato la ditta a cui affidare l'incarico di esecuzione dei lavori e analisi e di aver già svolto le verifiche del caso necessarie per il definitivo affidamento dell'incarico”.
Come se non bastasse, il Consorzio specifica che “in considerazione dell'impegno economico e intendendo effettuare il Piano di Caratterizzazione, ha provveduto a chiedere alla RAS – Assessorato all'Ambiente un finanziamento per garantire la copertura finanziaria e portare avanti le attività previste – e sottolinea che intanto, in attesa di ottenere il finanziamento - ha riavviato i contatti con ARPAS, Dipartimento di Nuoro, per la validazione del Piano di Caratterizzazione e la definizione degli aspetti amministrativi propedeutici all'avvio delle indagini”.
Dunque la Provincia, “considerato che risulta confermata la presenza di sostanze pericolose nelle acque sotterranee nel sito del depuratore e che, alla data odierna, non risulta che il Gestore abbia provveduto ad avviare le indagini previste nel Piano di Caratterizzazione approvato nella Conferenza di servizi”, ha diffidato il Consorzio Industriale provinciale e lo ha nuovamente richiamato a realizzare immediatamente il Piano di Caratterizzazione.
Nel frattempo naturalmente, in questa incredibile e paradossale vicenda, l'inquinamento delle acque sotterranee da sostanze pericolose è rimasta tale e quale e l'Arpas ha certificato il superamento delle soglie di concentrazione per il 2016, 2017 e 2018.
Qualcuno dice che non resta altro da fare in questo territorio se non pregare, ma a ben guardare sembrerebbe quasi che Cristo si sia fermato al bivio.