In Sardegna, il soprannome è una tradizione radicata, sfoggio di fantasia e creatività, una serie di metafore e analogie perfette che rappresentano le qualità fisiche e caratteriali di una persona, degli abitanti di un quartiere o, addirittura, di una città intera.
Il soprannome ha delle ascendenze nobili, letterarie: si pensi agli epiteti di Omero, che amava caratterizzare i personaggi di Iliade e Odissea con nomi che esaltavano le qualità e i difetti che li caratterizzavano (oltre a fornire all’aedo parti di versi già pronte da utilizzare): così, Achille era Pié veloce, Briseide Guancia gentile, Apollo il saettante figlio di Giove, Menelao bellicoso.
Alcuni dei soprannomi letterari, poi, sono entrati nel linguaggio comune con lo scopo di designare le caratteristiche di una precisa categoria di persone: per esempio, un avvocato poco abile è un Azzeccagarbugli, proprio come l’avvocato di Don Rodrigo nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Il soprannome identifica e caratterizza un uomo o un abitante di una città in base alle caratteristiche fisiche, agli atteggiamenti comuni, ai vizi e alle virtù: per esempio, nel calcio il soprannome può avere varie origini, così come nel mondo del poker sportivo, in cui i soprannomi più famosi derivano da luoghi di nascita, comportamenti o modi di fare eccentrici.
In Sardegna, i soprannomi sono uno splendido esempio di fantasia popolare, un concentrato di saggezza, umorismo e immaginazione.
Tra i più originali e sagaci, troviamo Cajasoru, utilizzato a Urzulei per indicare un “cagliasiero”, uno talmente avaro da tentare di cagliare persino il siero (una faccenda impossibile, ovviamente). Altri soprannomi, diffusi più o meno in tutta la Sardegna, fanno riferimento a parti del corpo: un uomo pelato è conch’e ginogu, una testa di ginocchio, una persona rossa di capelli conch’e bagna, perché il colore dei capelli ricorda il sugo di pomodoro. Se una persona ha invece una carnagione particolarmente chiara, si dice che è bianca che latti: il pallore è tale da ricordare il colore del latte. Altri nomignoli di questo tipo? Conch’e mazu, conch’e pardula, conch’e cipudda (detto di una persona non particolarmente brillante), persino conch’e porcu.
Alcuni soprannomi, poi, hanno un retaggio storico. Per esempio, i soprannomi degli abitanti dei vecchi quartieri di Cagliari: la città capoluogo, un tempo, era divisa in quattro quartieri principali, Castello, Marina, Stampace e Villanova. Gli abitanti dei quartieri venivano identificati con un soprannome caratterizzante: chi viveva in Castello, in genere, era di famiglia nobile o quantomeno benestante, dunque gli abitanti del quartiere erano vittima degli strali di quelli degli altri quartieri, che li chiamavano Piscia Tinteris, ossia persone avvezze a orinare nel calamaio. Un soprannome non certo raffinatissimo, così come quello destinato agli abitanti della Marina: Culus Infustus, sederi bagnati, per via della vicinanza col porto di Cagliari.
Spesso, i cognomi dei sardi derivano da soprannomi. Uno studioso, Raffaele Cau, ha fatto una ricerca a proposito, spulciando negli archivi e nei registri delle parrocchie e scoprendo che la pratica dei dare il cognome, in Sardegna, ricomincia durante il Medioevo dopo la caduta in disuso alla fine dell’Impero Romano.
Se spesso i cognomi indicavano la provenienza da un paese, altrettanto di frequente nascevano da soprannomi dati in precedenza.
Per esempio, Pes, Conconi, Virdi e Testoni sembrano dei cognomi nati dalla consuetudine di affibbiare dei nomignoli alle persone, che potevano anche fare riferimento a colori (Biancu, Pintus, Nieddu…), ad animali (Falchi, Puddu, Porcu, Vacca…) o al regno vegetale (Floris, Melas, Piras…).
Come già accennato, spesso gli abitanti di un quartiere, di un paesino o di una città venivano identificati con un soprannome.
Per esempio, gli abitanti di Jerzu talvolta vengono chiamati, in modo dispregiativo, binu axedu: una stilettata per una città a forte vocazione vinicola. Gli abitanti di Ilbono vengono chiamati spogia santusu o spara santus, con riferimento all’episodio secondo cui, una volta, un abitante della città sparò alla statua di un santo. Non certo lusinghiero erano il soprannome affibbiato agli abitanti di Seui: Passa e fui voleva forse sottolineare la loro scarsa ospitalità, epiteto a cui i seuesi rispondevano a tono.
In Sardegna, il soprannome, così come le superstizioni e le credenze, fa parte della cultura popolare, un modo attraverso cui, nel corso del tempo, si sono identificati persone, personaggi atipici e abitanti di città e quartieri e da cui, talvolta, si sono formati i cognomi.