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Renato Soru dopo la condanna per danno erariale: "Ho agito in coscienza e nell’esclusivo interesse pubblico"

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Dopo la condanna della Corte dei Conti, l'ex Presidente della Regione Sardegna Renato Soru affida ad una nota su Facebook la difesa del suo operato.

Di seguito, la nota:

La responsabilità distingue l’azione politica. Non esiste politica senza l’onere delle responsabilità legate all’assunzione di decisioni, di volta in volta prese per la realizzazione di un’ideale di comunità locale, di società, di progresso.
La corte dei Conti oggi mi condanna al risarcimento del danno per le scelte connesse al salvataggio della società Hydrocontrol, negli anni della mia amministrazione in Regione.
L’accusa che mi viene mossa è quella di superficialità e noncuranza nella gestione dei soldi pubblici, per il salvataggio deciso dalla Giunta Regionale nel 2007, con un investimento di 815 mila euro.
Tale accusa mi sconcerta e suona perfino beffarda dato il totale impegno profuso in quegli anni nel risanamento del bilancio regionale a partire proprio dal contenimento dei costi e dallo snellimento dell’apparato amministrativo regionale.
Giova ricordare che al mio ingresso in Regione nel 2004 trovai un deficit di 1.200 milioni, lasciato in eredità dalla precedente amministrazione di centrodestra: lo riportai in pareggio in soli 3 anni col bilancio del 2007, operando una spending review rigorosissima di quasi il 15% l'anno del bilancio regionale. In quegli anni venivano cancellate le comunità montane, oltre a diversi enti e società regionali inutili, con un ridimensionamento dei posti pubblici di sottogoverno calcolabile in centinaia di unità.
Nel 2007 decidemmo di salvare Hydrocontrol, (partecipata dalla regione al 40% e su cui gli altri azionisti non intendevano più impegnarsi) che negli anni si era occupata di attività di ricerca nel settore del servizio idrico di grande importanza in una regione da sempre minacciata dalla scarsità della risorsa idrica e dalla siccità.
Decidemmo di salvarla trasformandola in società in house della Regione non perché fosse rilevante l’aspetto dell’attività economica della società ma perché quella ricerca era preziosa per il sistema idrico regionale che proprio in quegli anni stavamo riorganizzando e perché ritenevamo che la Regione avesse anche il compito di finanziare la ricerca di qualità.
Con molta attenzione venne stilato il dossier ponendo al centro il valore della ricerca, delle competenze e del lavoro e la necessità per contribuire al miglioramento della gestione del sistema pubblico dell’acqua. Un anno dopo il Consiglio Regionale, -non la Giunta come è stato riconosciuto dalla Corte- decise, data l’importanza dell’attività, di superare la gestione con la società in house portandola all’interno stesso dell’amministrazione.
Per la Corte questa decisione dimostra l’impossibilità del funzionamento autonomo della società anche attraverso i normali canali di finanziamento della ricerca e non già la volontà politica del Consiglio di valorizzare un asset strategico per l’attuazione delle linee di sviluppo della regione.
Spiace che la corte abbia valutato il nostro impegno verso questa società quasi come un’operazione commerciale e non come la necessità di salvaguardare una grande competenza. Posso dire di aver agito in coscienza e nell’esclusivo interesse pubblico, investendo nella buona ricerca e a vantaggio della comunità sarda.
Sono fiducioso che le ragioni e della mia buona fede saranno accolte nel ricorso in appello.

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