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Bonifico per inquinare o inquino per bonificare? Il pasticciaccio dell'Agrival e della SGS

di Graziano Bussa

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BOLOTANA. La lettera aperta che il consigliere comunale Armando Saba ha mandato al sindaco di Bolotana denunciando i ritardi nella bonifica dello stabilimento appartenuto all’ex  Agrival  Ecosistemi, ripropongono il problema più generale e per molti versi inquietante dell’inquinamento del nostro territorio ricompreso nella Media Valle del Tirso.

Occorre, ancora una volta, interrogarsi sui danni provocati dal fallimento industriale: un territorio inquinato, pieno di veleni, degradato, nuova emigrazione, operai morti per malattie riconducibili al lavoro svolto in quelle industrie piene di veleni, i cui residui venivano poi sversati nel fiume Tirso o nascosti sottoterra, o come nel caso di cui parlerò, bene in vista ed in … olfatto.

Mentre l’industria di Stato boccheggiava, si pensò bene di allargare l’area del Consorzio industriale per l’insediamento di piccole aziende che dovevano assicurare uno sviluppo che esisteva solo nella mente di qualche politico.

E così sono state inghiottite anche alcune aziende agro pastorali.

Grazie ai generosi e sostanziosi finanziamenti, non sono stati pochi gli “imprenditori” che sono calati per spartirsi la torta, ma che di fatto, molti di loro, hanno solamente implementato il lavoro del Tar e del Consiglio di Stato per le loro inadempienze, lasciando sul terreno costruzioni fatiscenti.

Va dato atto che, in mezzo a tanto ciarpame, esiste un’industria seria, che dà lavoro a più di duecento giovani: l’Antica Fornace Villa di Chiesa dell’imprenditore bergamasco Usvaldo Paris che ha come obiettivo il raddoppio della produzione e l’assunzione di 250 dipendenti. Produce O-ring, ossia anelli di gomma di 8000 diverse misure utilizzate in tutti i settori industriali come guarnizioni. Per sua sfortuna questa azienda è ubicato nella stessa zona dove si trova lo stabilimento dell’ex Agrival di proprietà dal 2010 dell’Immobiliare Bolotana. (Mai abbinamento è parso tanto inopportuno e fastidioso).

Negli anni novanta del ‘900, al grido di “ripuliamo e risaniamo le compagne che i pastori stanno degradando abbandonando le carcasse di animali che avvelenano la terra ed inquinano l’aria salubre dei  campi” arrivò un imprenditore da Cagliari, Roberto Vivarelli, per realizzare uno stabilimento che avrebbe consentito lo smaltimento dei sottoprodotti animali.  Il nome della società era Agrival Ecosistemi.

Roberto Vivarelli  possedeva già uno stabilimento simile anche a Macchiareddu, l’Agrolip, in territorio di Uta, gestito dalla società  SGS (Società di Gestione Sottoprodotti) di cui era anche amministratore.

Dopo un inizio promettente, ci si accorse che all’Agrival le cose non andavano per il verso giusto. Tutta la piana fu ben presto pervasa da nubi maleodoranti provenienti dalle ciminiere dello stabilimento. Ma evidentemente non si trattava solo di malfunzionamento degli impianti. Anche la parte economica presentava più di uno spiffero, tanto che nel 2010 la società è stata “oggetto di procedura di esecuzione immobiliare, con pignoramento dello stabilimento e con l’azienda posta in stato di liquidazione” come dice il Tar Sardegna nella sentenza del 14/11/2018.

Messo all’asta giudiziaria lo stabilimento, nel marzo 2010, fu aggiudicato alla società Bolotana immobiliare.

La quale lo cedette prima in locazione e poi in comodato alla società SGS di Vivarelli, che riprende l’attività di trattamento dei sottoprodotti. Nell’ottobre 2013 Vivarelli però viene rinviato a giudizio, dal GUP del Tribunale di Cagliari, con l’accusa di disastro ambientale e gestione illecita di rifiuti nello stabilimento di Macchiareddu. Due anni prima, nel 2011, infatti il Noe ed il Nas avevano posto sotto sequestro lo stabilimento della Agrolip di cui era amministratore unico. I carabinieri avevano scoperto più di 3000 metri cubi di resti animali lasciati a marcire sotto il sole, con i liquami che avevano invaso i terreni circostanti.

 Il 20/12/2016 Il Tribunale di Cagliari con sentenza n. 240/2016 dichiara il fallimento di Agrolip Sarda S.r.L. in persona del legale rappresentante in carica.

Poteva la società SGS comportarsi in modo diverso a Bolotana? Assolutamente no. Ed infatti nel 2014 il tribunale di Oristano avvia un procedimento penale a carico della SGS e del suo amministratore, Vivarelli appunto, perché la gestione dello stabilimento avveniva in violazione dell’art. 256 del D. Lgs 252/2006 per l’esercizio di “una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e di intermediazione di rifiuti in mancanza di prescritta autorizzazione”. E le aree attinenti lo stabilimento furono sottoposte a sequestro da parte dell’autorità giudiziaria che aveva anche, nel giugno 2017, dichiarato il fallimento della SGS Srl.

Non sappiamo se l’amministratore della società abbia avuto modo e tempo di fare l’inventario di ciò che lo stabilimento conteneva. Lo faranno i carabinieri: “12 contenitori scarrabili,privi di coperchio, contenenti scarti di macellazione, altre quantità di rifiuti organici contenuti nelle attrezzature di produzione, rifiuti grassi riversati sul terreno e 10 fusti contenenti olio combustibile a basso tenore di zolfo”. Il problema che allora si pose  fu quello di individuare il soggetto cui competeva l’opera di bonifica del sito.

Che la situazione sia diventata intollerabile lo testimonia l’azione compatta portata avanti dagli operai dell’Antica Fornace che denunciano ai carabinieri l’invivibilità della zona impregnata di miasmi derivati dalla putrefazione dei sottoprodotti ridotti ormai a rifiuti.

Il 4/11/2007 i carabinieri della stazione di Bolotana insieme a quelli della compagnia di Ottana, in seguito ad un sopralluogo segnalano la presenza all’interno dello stabilimento “di vasche e con tagli inerti colmi di rifiuti di vario genere, derivanti da scarti di macellazione in avanzato stato di decomposizione”.

Il sindaco di Bolotana, quale autorità sanitaria locale, il 10/11/2017 dispone con ordinanza “La rimozione e lo smaltimento dei rifiuti speciali depositati in modo incontrollato” nel termine di 10 giorni poi prorogati a 60, nei confronti della Immobiliare Bolotana Srl. La quale ricorre al Tar chiedendo l’annullamento dell’ordinanza sindacale  “asserendo la loro estraneità rispetto agli illeciti che erano stati commessi nello stabilimento di loro proprietà, ma non anche in disponibilità, avendo ceduto il bene ad altra società (SGS).”

Per la 2ª sezione del Tar Sardegna non ci sono dubbi. In applicazione dell’art. 192 del D. Lgs. 152/2006 “chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2, è tenuto a procedere alla rimozione, al recupero o allo smaltimento di rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario”.

L’immobiliare Bolotana, proprietaria dell’area inquinata, ricorre ancora al Tar chiedendo l’annullamento dell’ordinanza sindacale, eccependo il fatto che per poter bonificare il sito era necessario provvedere al dissequestro giudiziario. Tale provvedimento viene disposto l’8 gennaio 2018 dal tribunale di Oristano, condizionato peraltro alla bonifica del sito da parte della società proprietaria delle aree.

Oltretutto il Tar ravvisa l’urgenza di ottemperare alla bonifica per tutelare la salute pubblica del “vicinato” che lamenta l’invivibilità della zona. È chiaro il riferimento all’Antica Fornace i cui operai avevano denunciato la grave situazione ai carabinieri. La decisione del Tar viene confermata, l’11/04/2019, dalla 4ª sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale considerando “prevalente l’interesse pubblico alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti speciali presenti” nello stabilimento dell’immobiliare Bolotana.

Per trovare una soluzione ad un problema che sembra andare per le lunghe, la Regione Sardegna concede al comune di Bolotana un finanziamento di € 200.000 “quale contributo per la realizzazione di interventi urgenti destinati a far fronte alle gravi problematiche di salute pubblica e risanamento ambientale, i cui oneri non sono sostenibili con le ordinarie disponibilità finanziaria dell’ente, che ostacolano lo sviluppo delle imprese dell’agglomerato industriale di Bolotana”. Nel giugno 2019 il Comune chiede alle aziende abilitate una manifestazione di interesse per effettuare i lavori necessari a bonificare la zona inquinata.

Non ne conosciamo i motivi, però tutto è rimasto come nel 2017.

Mi chiedo e chiedo se questo non sia un argomento da affrontare in Consiglio comunale, intanto per informare la popolazione e poi per prendere decisioni collettive che riguardano tutti per evitare danni maggiori ad un territorio già ferito da interventi invasivi e lesivi dell’ambiente. Questo credo fosse il significato dell’invito fatto dal consigliere Saba al sindaco di tornare a bordo. Riuscirà la minoranza consiliare a far discutere l’argomento in consiglio comunale ed avere dall’amministrazione tutte le informazioni e le delucidazioni del caso?

Graziano Bussa

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