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Ambiente, impresa sviluppo: una sfida da vincere

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Come presidente della Confindustria Sardegna Centrale non è la prima volta che mi trovo a parlare di parco. Circa un anno fa, a ottobre 2012, l'Associazione ha promosso insieme ad altre associazione un convegno a Lodine per rilanciare il progetto di parco nel Gennargentu e un mese fa, ad agosto, siamo intervenuti sulla stampa per rilanciare l'idea, immediatamente impallinata da alcuni sindaci del territorio.

Il tema è dunque complesso e controverso, e come Confindustria stiamo portando avanti una piccola rivoluzione, occupandoci di un tema apparentemente così distante dalla nostra attività. Una distanza solo apparente visto che a nostro avviso la tutela e la valorizzazione dell'ambiente può rappresentare un importante volano per il turismo e le produzioni agroalimentari (che non sono altro se non le attività di trasformazione dei prodotti agricoli in prodotti alimentari).

Buona è dunque l'idea di parco a Bolotana portata avanti dal sindaco Manconi, idea di recente promossa e portata avanti anche in altri Territori, e penso al parco di Tepilora e all'iniziativa dei sindaci di Bitti, Lodè, Posada e Torpè. Come ricordato da Carlo Murgia, il disegno di legge che istituisce il parco regionale di Tepilora è recentissimo (8 agosto) e sembra che ci sia ancora tanta strada da fare per completare l'iter, sebbene voglio ricordarlo il procedimento vada avanti dal 2009. I progetti dunque vengono bloccati non soltanto dalla miopia di alcuni che – come ricordato da chi mi ha preceduto – hanno boicottato l'istituzione del parco nel Gennargentu. I progetti spesso sono bloccati dall'eccesso di burocrazia e dalle inefficienze e dalla lentezza della macchina amministrativa regionale.

Ora prima di tutto voglio spiegare perché il parco, o l'istituzione di un'area naturale protetta – al di là della denominazione che gli si voglia dare – costituisca un'opportunità che non possiamo lasciarci sfuggire. Gli effetti della crisi sono sotto gli occhi di tutti e a raccontarlo in modo ancora più incisivo sono i dati: nel 2012 in Sardegna il PIL è crollato del 2,8 % rispetto al 2011; la nostra regione perde competitività posizionandosi al 222° posto su 262 della classifica europea pubblicata di recente; sono 54mila i posti di lavoro persi nell'ultimo anno. Se la crisi è grave in Sardegna, ancora più profonda è in Sardegna centrale, vittima del cosiddetto effetto clessidra per cui le zone interne della Sardegna risultano schiacciate e indebolite a favore dei poli forti di Sassari e Olbia a nord e di Cagliari a sud che attirano risorse, finanziamenti e saranno i primi ad agganciare la ripresa, una volta che arriverà. Fortemente negativo è invece il quadro nelle zone interne, che si collocano all'ultimo posto per dotazione infrastrutturale nella classifica delle 101 province italiane. Altro problema rilevante è quello dello spopolamento, dell'invecchiamento della popolazione e dell'emigrazione giovanile, tutti fenomeni che incidono negativamente sull'offerta di servizi del territorio, sulla sua capacità di innovazione e sulla produttività. Questo territorio sembra infatti avvitarsi in una spirale di decrescita e declino che potrebbe dimostrarsi irreversibile. Per invertire la rotta serve una scossa e occorrono nuove ricette.

In queste aree, dunque, le imprese operano in condizioni di estremo svantaggio. Eppure senza le imprese è impossibile creare sviluppo ricchezza e occupazione. Nelle zone interne le imprese funzionano come vere roccaforti economiche e sociali e vanno salvaguardate e sostenute. Occorre salvaguardare le imprese esistenti e occorre inoltre creare nuove occasioni per fare impresa. A partire dalle tante risorse naturali di cui il nostro territorio è ricco, ricco di risorse da sfruttare e di tante ancora poco valorizzate. Tra queste c'è certamente l'ambiente da collegarsi al turismo, la cultura e le nostre tradizioni, e l'agroalimentare.

Per invertire la rotta, occorre dunque puntare e sostenere le attività esistenti ma occorre anche valorizzare le risorse naturali di cui siamo ricchi. Le vecchie ricette non sono infatti più sufficienti. Una delle strade da percorrere è certamente quella della valorizzazione dell'ambiente in chiave economica con l'obiettivo di tutelare l'ambiente e il territorio, promuovere le produzioni locali (in particolare l'agroalimentare), puntare sul turismo sostenibile, e promuovere e dare visibilità al territorio (marketing territoriale).

Per far questo, abbiamo a disposizione lo strumento dell'area naturale protetta, da inserire nel circuito dei parchi italiani ed europei. C'è poi lo strumento del marchio d'area da legarsi al territorio e attraverso il quale promuovere e certificare la qualità delle produzioni locali. Si tratta di strumenti in grado di attirare risorse e finanziamenti europei. Il tutto senza vincoli ma con regole condivise.

Il percorso da seguire deve essere avviato dai sindaci, veri promotori del percorso che deve costruirsi dal basso attraverso la partecipazione piena e diretta delle comunità locali. Fondamentale è la costituzione di reti tra imprese e tra pubblico e privato.

Vediamo ora alcuni dati: in Italia ci sono 871 aree protette pari all'11% del territorio. Le aree impiegano complessivamente 80mila occupati tra diretti e indiretti, di cui 60mila lavorano nell'indotto allargato (agroalimentare, turismo, artigianato). Si sono costituite 500 cooperative di lavoro e 200 associazioni. I parchi attirano 30 milioni di visitatori l'anno accolti in 2mila centri visita, aree attrezzate e strutture varie. E sempre dai dati di Federparchi aggiornati a luglio 2013 - risultano coinvolti 1/3 dei Comuni italiani (2.675 su 8.101). Alcune aree sono inserite nella rete del turismo sostenibile che nel 2012 in Europa conta 107 aree protette, di cui 13 sono in Italia e ben 38 in Spagna, 24 in Francia e 13 in Gran Bretagna. In Italia in base alla legge quadro del 1991 sono stati costituiti 158 parchi nazionali, in Sardegna ne sono attivi 2 il Parco nazionale dell'Asinara e il parco nazionale a La Maddalena. Ecco a questo proposito vorrei sottolineare la necessità che le aree naturali sottoposte a tutela e valorizzazione non siano del tutto inaccessibili, come accade per esempio all'Asinara: dove per esempio nel corso dell'estate due turisti sono stati multati per essere transitati in un'area non aperta al pubblico.

Ora, vorrei sottolineare che l'idea di parco non è nuova e non è una nostra invenzione. In Italia è un'esperienza molto diffusa, una formula attraverso la quale molte aree di montagna del nord e del centro Italia – prima povere e poco competitive – sono riuscite a creare occasioni di crescita e sviluppo. Un caso di scuola è appunto il Trentino che riuscita a costruirsi l'immagine di destinazione turistica sia estiva sia invernale. In particolare andando a curiosare nell'immenso archivio digitale offerto dalla rete internet - ho portato a esempio due esperienze, quella delle Alpi marittime (parco transfrontaliero condiviso tra Italia e Francia) e il parco naturale Adamello Brenta.

Uno dei primi vantaggi offerti dall'istituzione di un parco è dato dalla possibilità di attirare fondi europei: dal 2007 al 2013 il parco Alpi marittime ha ottenuto dall'Ue 6 milioni di euro solo da parte italiana per il finanziamento di 7 progetti integrati e facendo il confronto con il periodo precedente (dal 1989 al 2008) vediamo come questi fondi siano in crescita. Altro vantaggio è dato dalla creazione di un marchio d'area per le produzioni locali, produzioni certificate con il marchio di qualità del parco e alle quali può essere concesso l'uso del marchio "made in Marittime" per esempio. È possibile sfruttare il parco per la valorizzazione delle produzioni locali, attraverso l'organizzazione di partnership con ristoratori, eventi gastronomici, degustazioni. Esiste poi una rete di attività associate al parco, con relativa certificazione di qualità, il tutto nell'ottica di accrescere la visibilità dell'attività. Altro vantaggio offerto dal parco è legato allo sviluppo di un'ampia offerta ricettiva (strutture offerte in gestione a privati). Il parco dà poi la possibilità di diversificare l'offerta ricettiva attraverso lo sviluppo di un turismo ambientale (pensato che il solo centro faunistico di avvistamento del lupo ha totalizzato in un anno 20mila visitatori realizzando 50mila euro di incassi).

L'attività di centri visita, parcheggi e aree picnic ha creato 40 posti di lavoro stagionali per giovani locali organizzati in cooperative. C'è poi il turismo culturale (pensiamo alle enormi potenzialità dei nostri siti archeologici ancora poco valorizzati), c'è il turismo congressuale (per visite di studio, seminari, eventi,saloni del gusto), c'è il turismo didattico e nel nostro territorio ci sono ottime potenzialità per il turismo sportivo, geo-minerario (siamo una delle terre più antiche e in sardegna ci sono numerose specificità dal punto di vista geo-minerario), c'è poi il turismo religioso e altre sagre ed eventi folkloristici.

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